Nel metaverso B2B non puoi avere un avatar qualunque
A meno che tu non rimanga confinato nel metaverso.
Jacques Séguéla è stato, ed è, uno dei nostri modelli professionali. Star strategy vs USP (unique selling proposition). Un fisico, un carattere,
uno stile: vent’anni fa era il principio guida dei nostri progetti di corporate identity, che nel B2B non eramo così in auge.
Oggi, se non sei un’impresa significante non attrai e se vuoi creare esperienze coinvolgenti e motivanti per gli stakeholder della tua impresa non puoi fare a meno di una identità tutta tua. E nel mondo B2B il tuo “fisico” deve essere uguale al tuo avatar: stessi valori.
Anche nei metaversi consumer dovrebbe essere così, ma lì l’aspetto ludico è decisamente più disruptive.
Ma torniamo al B2B e alla costruzione di una identità nel metaverso, o nel Web3, se preferite. La domanda base è: avete una identità nel Web2? Se la risposta è sì, avete già percorso un tratto importante che renderà decisamente più facile il passo successivo.
Anche nel metaverso lo storytelling, o meglio lo storydoing, è fondamentale: anche qui i comportamenti valgono più delle parole. Nel mirror-world le buzzword sono la parte più reale: parole chiave, parole d’ordine, parole alla moda sono alla base della costruzione del vostro mondo e anche dei vostri avatar, di conseguenza.
Abbiamo costruito molte identity, nell’industria, nella home automation, nel beauty, nel food (human & pet), e ognuna è caratterizzata da un mondo particolare dove, come faceva Walt Disney, abbiamo calato i diversi stakeholder. Li abbiamo guardati muoversi e abbiamo costruito i loro percorsi, disegnato oggetti, immaginato dialoghi che sono diventati body copy, progettato experience che sono diventate claim.
Pensate che dal web2 potete avere di più? O pensate al web3?